Le Rose del Deserto

Nella prossimità del periodo natalizio nelle sale italiane è uscita l’ultima opera (la sessantacinquesima) del grande regista Mario Monicelli.
Il film tratta la storia del terzo reparto della sezione sanità delle truppe italiane presenti in Libia nell’estate del 1940; inizialmente il loro compito sembra più simile ad una missione umanitaria che a fini bellici, ma ben presto gli orrori della guerra li riporteranno alla realtà.
Il film è a mio avviso molto gradevole,certo non paragonabile ai grandi capolavori dello stesso genere come “la grande guerra”.
Ma comunque apprezzabile soprattutto grazie all’enorme sensibilità del regista e alla sua innata capacità di narrare la tragedia con umorismo, in modo da far riflettere senza traumatizzare.
Molto interessante e’ il passaggio da una fase iniziale nel film di particolare quiete al momento in cui la guerra riporta i vari soldati alla realtà; una guerra che abbiamo affrontato in maniera impreparata, e di cui nessuno, dal soldato semplice al più alto graduato, comprende a pieno le motivazioni o i fini (un operazione bellica di cui il regista mostra tutta la futilità).
Una nota negativa può essere considerata la poca considerazione che a mio parere viene attribuita all’ambiente circostante in cui la vicenda si sviluppa; viene mostrato in maniera davvero marginale la maniera di reagire e di interagire dei locali all’arrivo italiano in terra libica, non mostrando il modo in cui il comparto italiano vive l’immersione in una cultura e un ambiente così diverso da quello natio.
Comprendo le necessità di tempo e sceneggiatura che hanno spinto a tale scelta (in fondo il film e’ centrato sull’esercito italiano), ma credo che una maggior interazione tra i due mondi avrebbe permesso di comprenderne meglio le differenze e le comunioni, ad appannaggio di un maggior risalto dei personaggi.
Molto apprezzabili i a tale riguardo i vari attori, dai più rinomati (Pasotti, Haber ed uno straordinario placido nei panni di un prete in missione) alle semplici comparse, molto abili nel creare personaggi ricchi di sfumature e particolarità.
A tutti va riconosciuta la capacità di mostrare i vari aspetti dell’Italia di quel tempo (con le varie differenze derivanti da un diverso ceppo sociale e territoriali) e di come le situazioni più tragiche riescano a far risaltare l’umanità delle persone.
A mio avviso quindi un’opera meritevole, che se anche non può reggere il paragone con le opere del passato del suo creatore, possiede ancora quel tocco che ha reso di Monicelli uno dei maestri indiscussi del nostro cinema.
Purtroppo mi duole constatare (senza un eccessiva sorpresa) di come tale film, pur uscendo in un periodo come quello prenatalizio, sia passato in netta sordina rispetto ai soliti film di natale.
Con tale consapevolezza nel cuore scrivo tale recensione, sperando di informare sulla sua esistenza chi ne era inconsapevole (a causa della misera campagna pubblicitaria), ma soprattutto di convincere chi lo ha sottovalutato di avere un'altra occasione di vedere un bel film, carico di tutto l’umorismo e la poesia di un maestro del nostro cinema, che ha ancora tanto da trasmetterci.
Paolo L’Incesso

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