Quando Friedrich dipinse il suo viandante lo lasciò di spalle.
Noi non vediamo i suoi occhi.
Possiamo solo immaginarne lo sguardo perturbato e commosso che si posa sul mare di nebbia.
Un mare infinito, denso d’aria e di nuvole, che vorrebbe prendere d’assalto la rupe su cui il solitario viaggiatore è arrivato.
Non sappiamo da dove, né come.
Non ci sono strade. Le sue strade sono la sua inquietudine che non gli dà riposo.
Così , capita d’incontrare persone che hanno sguardi viandanti.
Poeti, musicisti, ladri, puttane.
Di loro si dice che soffrano il male del tempo, il dolore della memoria; questi ricordi fantasmi che spingono alla fuga e scavano, scavano termitai di ossessione.
Fate pure venire il medico dei pazzi a visitarci con tutta la sua scienza e non avrà parole.
Disegnate le vie che corriamo, portatemi le mappe del mondo, la geografia di ogni spazio abitato, spingetevi perfino nei cortili abbandonati e nei vicoli più sordidi, non troverete nulla.
Noi abitiamo una Harlem dimenticata, di polvere e pianto e giardini di là dal tempo per le nostre melodie.
Siamo i padroni delle ombre, negromanti colmi d’amore e stupore lungo le strade dell’innocenza.
Cavalchiamo le forme dei sogni e il profumo del vento sulla steppa infinita.
Strade, tappeto d’immaginazione tessuto nella nostra sensibilità.
Le Vie dei Canti, la creazione della Terra e una musica aborigena per le nostre traiettorie migranti.
Edipo al trivio di fronte al padre Laio e le baccanti in corteo su strade di montagna: oreibasìa dell’anima.
Le passeggiate solitarie di Robert Walser, scrittore dei silenzi.
Le strade della storia e quelle interrotte dai muri.
Quanto tempo senza poter camminare, senza poter pensare!
E in tutto questo, noi, noi, noi!
Siamo vie tacite e assopite dopo la pioggia, polvere innamorata che tra mazzi di carte e partite giocate sulla scacchiera della vita cerca di divinare una meta, inscritta ai confini del nostro io.
Claudia Ciardi
Per Parole in libertà
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