GUIDA ALLA RIVISTA

mensilmente verranno pubblicati testi, articoli, poesie, disegni o qualunque espressione del pensiero relativi ad un tema che è, volta per volta, scelto dalla redazione.

il tema sarà comunicato 18 giorni d'anticipo sul sito, per dare a tutti la possibilità di esprimersi ed inviare alla redazione i propri elaborati.

Il tema del prossimo mese sarà "STRADA"
Vi preghiamo di inviarci il materiale entro il 12 Maggio 2007.

Per ragioni di spazio solo alcuni pezzi potranno comparire sulla copia cartacea della rivista, che potete trovare alla sala da tè "Madamadorè" in via S.Martino 90 (Pisa).

parolelibere(at)gmail.com

VI PROPONIAMO I PROSSIMI TEMI...

Ragazzi votate il tema del mese di giugno.

Scegliete fra questi:

1 Caffè

2 Città

3 Contrario

4 Etero/Gay

Ci raccomandiamo: entro il 20 maggio!

RESPIRO DI NOTTE

Ho freddo.

Buio.

Assordante: silenzio.

Ho paura. Paura del tempo che passa, paura di guardarti negli occhi, paura di farle del male, paura di sprecare i miei giorni più belli, di sprecare me. Di finire per odiarmi, di odiarti, di odiarla.

Capelli di fuoco, occhi di cielo, labbra di miele. Lei è splendida, dolce, mi ama.

Ma, allora, perché?

No, non dirmelo. Lo so, è colpa mia. Non sono abbastanza forte, me lo dici sempre. Sei cattiva. Io, ti odio. Ti detesto, con tutte le mie forze. Davvero.

Ma, allora, perché?

Perché forse tutto quello che mi hanno insegnato, tutti i principi morali del mondo, non valgono niente. O, almeno, non valgono niente davanti al tuo seno, alla tua figura sinuosa, a quegli occhi che ti sussurrano sensuali proposte.

Va bene, hai vinto. Ti prendo, ti amo, ti stringo fino a farti male. Farò chiudere di piacere le tue palpebre, assieme alle mie tremare le nostre spalle, aprire di spasmo le nostre bocche, all’unisono.

E mi imprimerò nell’anima il piacere della fusione dei nostri profumi, concentrati e tesi verso il cielo fatto di passione.

E poi?

Cosa può rimanermi dopo quella singola notte?

Ora invece ho qualcosa di tangibile e puro e spirituale e bello. Bianco, lindo. Non come te, nera di tenebra, i capelli corvini intrecciati di proposte maledette.

Ti odio. Ma odio ancor di più me stesso sul letto di morte, piangente e disperato, a bramare la tua pelle vellutata. Pronto a barattare una vita intera per quella. Singola notte.

Vi prego, qualcuno faccia qualcosa, qualcuno decida per me. Uccidetela! Si, uccidetela. Non mi importa chi. Una delle due. È lo stesso. Toglietemi da questo limbo di indecisione perenne.

Per favore.

Oppure no, meglio così: uccidete me. Uccidi me voglio che sia tu a farlo con baci chiamati veleno gesti chiamati respiro carezze chiamate fremito e sguardi chiamati abisso, fallo tu ragazza chiamata! Notte.


Marco Bruschi

L’ULTIMA NOTTE

Una nuova cavalleria è apparsa nella terra dell'Incarnazione...
Essi non hanno paura del male in tutte le sue forme...
Essi vanno in battaglia non già coperti di pennacchi

e fronzoli, ma di stracci e con un mantello bianco...
Essi non onorano fra loro il più nobile, il più valoroso...
Essi attendono a qualsiasi lavoro a loro comandato in silenzio...
Essi si aiutano l'un con l'altro nella dottrina insegnata dal Cristo...
Essi sono i Cavalieri di Dio....
Essi sono i Cavalieri Templari.


Jacques de Vitry, ‘Histoire des Croisades’


Nato dall'unione di nove Francesi, l'Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone nacque intorno al 1118, con a capo il Gran Maestro Hugues de Payeni.
Baldovino II concesse loro di risiedere in quello che si credeva una parte dell'antico Tempio di Salomone, da questo derivò il nome di Cavalieri del Tempio o Templari.

Grazie alla loro abnegazione, alle gesta eroiche in battaglia, al loro sacrificio divennero ben presto modelli militari e spirituali.

Tuttavia è affascinante pensare che la neutralizzazione integrale dei templari si compì nel giro di una notte, grazie a uno scaltro colpo di mano dei servizi segreti francesi, che con un pretesto fiscale (la riscossione delle decime) s'introdussero nelle sedi dei Tempi da un capo all'altro della Francia. Ciascun cavaliere si lasciò arrestare senza opporre resistenza, certo di poter contare sulla forza occulta ed invincibile degli altri confratelli, non immaginando che in quella stessa notte del 13 ottobre 1307 venivano anch'essi arrestati. Il mattino di questa funesta giornata, ben quindicimila Templari vennero arrestati, tra cui Jacques de Molay, il Gran Maestro dell’Ordine. Fu così che la cavalleria templare fu annientata grazie a una trappola concepita da un re cristiano in poche ore. Segregati nei sotterranei di remoti castelli, i cavalieri dal bianco mantello scomparvero.

Sottoposti a indicibili torture, i Monaci confessarono quasi tutte le accuse e con una bolla papale di Clemente V, sottomesso alla volontà di Filippo IV, fu ratificato lo scioglimento del Tempio.

Alessandra Torraco

DI NOIA E MANDARINI

Di nuovo qui a compilare la lista dei buoni propositi. A scrivere cose importanti che non farò.

Evidentemente arriva un punto della vita in cui scegliere. Decidere se scriverne altre mille di liste così e consegnarsi alla cecità, oppure riconoscere davvero che alcune cose non saprai mai farle.

E’ così, non sarò mai un bravo ragazzo. Pronto sempre per tutti, a tollerare, a trangugiare, a tacere. Ed è così, al diavolo l’eroe che sa sempre dire la verità e scegliere la via giusta. Ho costruito tanti di quei miti su di me che merito libri interi di antropologia. Ed in questa notte comune, fatta di noia e mandarini, crollano tutti come vetri sottili, in pochi minuti di lucidità. Buffo, il mea culpa di carta di un uomo su sei miliardi, quanto può valere? Nulla, meno di zero, è un’infinitesima parte d’infinito che si guarda allo specchio. Nelle pieghe delle vite degli altri quante altre bugie simili, quanti isterismi e segreti stupidi e preghiere rantolate e pietosi giri di parole e seghe mentali per non guardarsi in faccia? Eppure non ci capiamo. Mastichiamo le stesse frustrazioni e sputiamo lo stesso sbafo, ma tutto questo è inutile: l’uomo che si guarda intorno non penserà mai di vedere fratelli. Invece voi siete i miei fratelli di schifo. Dovrebbe unirci, renderci umili questo, ma ci allontana, ci inorgoglisce. Perché nei nostri occhi c’è sempre un alone di fiabesco, che si trasporta sugli oggetti oltre la cornea. Godiamo di questa dimensione fittizia in cui le speranze e le vergogne vanno a braccetto, e una balaustra dà sul nostro smagliante futuro di gente migliore.

Ho abbracciato il termosifone e guardo. Fuori, la notte non è nient’altro che notte. Affido questi pensieri inutili al lenzuolo, ed i miei occhi al buio.


Alberto Giannese

NOTTE DA NON DORMIRE

Notte da non dormire. Da stare svegli. Da stare in due.

È la mia ultima notte qui. Nella mia terra, nella mia casa. Dal mio giardino guardo verso il cielo: vedo la costellazione del Cigno, vedo le Pleiadi, la costellazione della Lira.

Orfeo, invoco sussurrando il suo nome, stasera dovrà far vivere alla mia regina le stesse sensazioni di quando ci amammo per la prima volta.

Quanto tempo.

Non scorderò quella notte: i neri capelli lucidi, la pelle di miele, il suo fuoco. Non scorderò che quella notte ho amato la dea Afrodite.

Ed era tra le mie braccia.

Nella nostra stanza le tende leggere sono mosse dal vento. Zefiro mi fa compagnia.

Mi siedo sul letto che ho costruito per noi.

Ed il suo corpo si delinea.

Vedo la sua figura dietro la tenda, i fianchi avvolti dalla bianca seta. I capelli sciolti le ricadono sulle spalle, abbronzate dai raggi di Apollo. Il seno marmoreo invidiato dalle grandi Regine.

I suoi occhi riflettono la luce delle stelle. La sua ombra mi si avvicina e mi avvolge, poi le sue mani.


Sussurro il suo nome: Penelope.


Notte da innamorare: che dolce vino le braccia sue.

Chissà se tornerà.

So solo che questa notte dovrà lasciargli un ricordo indelebile nel cuore.

Atena, tu che difendi i valorosi, proteggilo.

E tu Afrodite, stanotte dammi la forza per farlo mio come se fosse la prima volta.

Mi profumo con il mio olio più prezioso, sciolgo i miei capelli e cingo i fianchi con la mia seta più bella.


Ancora oggi ogni volta che incontro i tuoi occhi sento lo stesso brivido di quella notte.

Tu re di una piccola isola, ma arguto e forte e scaltro. Non sarei potuta essere di nessun altro se non tua.

Domani partirai per una guerra. A te sarà chiesto molto. Potresti non tornare, ma stanotte ti farò sentire cosa vuol dire essere vivi per tutto il tempo in cui non sarai al mio fianco.

Il ricordo di questa notte ti farà vivere per tutto il tempo che servirà per riportarti a casa.

In questo letto che hai creato per noi, stanotte sarò tua come se fosse la prima volta.

Il tuo corpo sul letto trema, so che mi hai vista.

Le mie mani ti accarezzano le spalle, forti del peso dell’aratro e dell’armatura.


Sussurro il tuo nome: Odisseo.


Marco-Alberto Franchini

21 ANNI

La Notte è… ORA. È ora perché sono le ore 5 di un imprecisato giorno, è ora perché ho 21 anni. È ora perché ora, alle 5, non so come mi sveglierò domani. È ora perché ora, a 21 anni, non so cosa sarà della mia vita. La notte è crisi, nel significato greco di cambiamento: è speranza che le cose domani migliorino ed è paura di svegliarsi domani e di trovarle cambiate. Qualcuno l’aspetta, qualcuno ne ha paura, altri, come me, la vivono per esorcizzarla. Con rispetto. Con la speranza che, come ogni giorno, la Luna, condannata ad avere nel Sole un fidanzato che non vedrà mai, dovrà tenere per sé i tuoi segreti. Confidente che non racconta, amica che non giudica, ragazza che illumina abbastanza da mostrarti cosa hai intorno, ma complice che ti occulta agli altri. Luce soffusa che prepara al giorno, la Notte è l’Equo Giudice che chiude nel suo silenzio tutto ciò che urla nel giorno ma fa gridare di voce inusitata chi, alla luce del sole, pare non aver suono. È la rivincita di una matita che cadendo ti sveglia e che vendica, in un sol colpo, tutte quelle che di giorno, timide e quasi mute, lasci sul pavimento della tua università. Così, cadute.

La notte è principio di tutto: “La luce fu”, ma la notte era già, prima di Dio. Perché è anche mancanza e assenza, è il buio di ciò che non conosciamo ma che viviamo, paura atavica dei bambini e dell’Essere a loro più simile, che inventa il sole per esorcizzarla. Può essere un film dell’orrore se vissuta irresponsabilmente, sporcandola di droghe, alcool o della propria arroganza alla guida di una macchina: Lei non racconta nulla al giorno, ma sa vendicarsi se infangata. È film romantico se vissuta a letto con chi ami… si adatta a chi La vive, ti rispetta se La rispetti. Sa addirittura essere set dei tuoi di film, rappresentando nei sogni ciò che hai in mente, cullando i pensieri che hai quando vai a dormire e plasmando quelli che speri che ti porti sotto forma di consiglio. Magari domani, all’esame.

La notte……..ERA. Sono le 6 e nasce il giorno, ne passeranno altre e io non avrò neanche più 21 anni, ma son sicuro che comunque, Lei, come sempre fedele, non racconterà queste parole al Sole.


FRANCESCO OCCHINEGRO

NOTTE EBBRA

Mi sono accostata al ciglio della strada perché il tuo pensiero non mi permette di guidare. Una boccata d’aria e poi torno a casa.

Ho i tuoi occhi negli occhi, il tuo profumo nelle narici, le tue parole nelle orecchie. Parole strane questa notte.

Confuse, barcollanti, ubriache, come te.

Odio il sapore di sale bagnato che si mischia a quello della sigaretta, ma continuo a fumare.

Un brivido mi scuote le ossa. Chiudo gli occhi, di nuovo la tua immagine davanti. Tu carponi per terra.

Io ti sorreggo, cerco di aiutarti. Ma tu ti ribelli, ti agiti, alzi la voce.

Amore, non è colpa mia. Ma non so come convincerti.

Un malessere fisico ti fa accasciare al suolo, e al fiume delle tue parole si sostituisce un miscuglio di succhi gastrici e vino.

Ti trascino via. Io la debole. La donna.

Mi vergogno di te e a te mi sottometto. Ma più cerco di aiutarti più il tuo corpo si ribella.

Incrocio il tuo sguardo. Pupille affogate in una tempesta d’odio e gelosia.

Le macchine passano di rado su questa strada di periferia e la notte fa sembrare tutto così silenzioso.

È così distante adesso il motivo del tuo rancore.

Musica, gente, luci accecanti. Qualche parola di troppo con uno sconosciuto. Non volevo amore, ma tu eri impegnato, i riflessi rubino del tuo calice ti ammaliavano più di me.

Una brezza leggera accarezza il mio volto. Non fa freddo stanotte.

Ma da domani scenderà il gelo.

Con una spinta mi hai scaraventato via, e so che non permetterai tanto facilmente che mi riavvicini.

Io testarda ci proverò, come sempre, e non so neanche bene perché.

Adesso è meglio andare. La luce del sole rischiarerà tutto. Forse anche il tuo animo.

Salgo in macchina e in assenza di te cerco il tuo CD, quello che mi hai regalato. Come è finito sotto il sedile?

Rialzo la testa e due fari accecanti mi annebbiano. Il sole è gia qui?

Prima il rumore o prima il dolore. Non ricordo più.

Un fascio caldo nel buio della notte, vetri rotti, il clacson incantato. Ma non il mio.

Riesco ad aprire un varco nella scatola metallica in cui sono imprigionata, ma lo stordimento non mi permette di vedere, sentire, capire.

Annaspo nel fumo e nell’aria, con le mani, con i piedi. Mi avvicino ai due fari nemici e presuntuosa ne scopro il volto.

Tu.

Io carnefice per mano tua. Tu assassino per intralcio mio.

Amore, non è colpa mia. Ma non posso più convincerti.

Amaramente scopro che non basterà il sole di domani a sciogliere il gelo di questa notte, ubriaca d’assurdità.

Rachele Massei

VAMPIRI: I FIGLI DELLA NOTTE

Di tutte le creature della notte che infestano i sogni e le paure del genere umano, il vampiro è sicuramente la più nota e affascinante, probabilmente per la forte componente sessuale che caratterizza la figura (si dice che il bacio di un vampiro sia estremamente piacevole, frutto di un misto di desiderio e paura).

L’archetipo del succhiatore di sangue umano rivela la sua presenza fin dalla mitologia più antica, ma è solo nel 1892 che questa figura entrerà realmente nell’ immaginario collettivo, grazie all’opera dello scrittore irlandese Bram Stoker: ‘DRACULA’.

L’opera (un romanzo epistolare), narra le vicende di Jonathan Harker e dei suoi tentativi di salvare la sua promessa sposa dalle brame di questo demone, che in lei rivede il suo amore perduto e che desidera condividere con lei l’eternità della non morte.

Il libro, pur non essendo eccezionale nel suo complesso, ha il grande merito di consegnare al mondo un grande personaggio, una creatura che, pur essendo ormai qualcosa di totalmente staccato dal genere umano, si sente sola e il cui cuore, anche se corrotto da secoli di malvagità, brama ancora l’amore : ci viene così proposto un mostro umano, con cui è possibile l’identificazione e che non ha come unica funzione quella di attirare il disprezzo e l’odio del lettore.

L’idea del libro parte peraltro da un personaggio realmente esistito : il principe rumeno Vlad Tepes, le cui crudeltà avevano spinto il popolo ad ammantare il suo nome a quello di un demone sanguinario.

Pur essendo da attribuire all’ opera di Stoker il merito della consacrazione definitiva del vampiro, essa esisteva fin da epoche antiche, tanto da essere presente perfino nella religione ebraica.

Si narra infatti di come Dio diede come prima moglie ad Adamo una donna di nome Lillith e di come, essendo essa ritenuta indegna e pericolosa, fosse stata allontanata e sostituita da Eva, creata volontariamente da una costola di Adamo per garantire un miglior risultato. Lillith però, con l’aiuto di Lucifero, riuscì a fecondarsi del seme del primo uomo, generando la stirpe dei vampiri.

La figura del vampiro, essendo molto complessa, è costituita da numerosi e affascinanti elementi ma tra essi sicuramente la componente più interessante è il suo profondo legame con la notte: la maggior parte dei mostri che popolano il mondo fantastico (e purtroppo anche quello reale), tendono ad agire nelle tenebre per una maggior facilità d’azione, ma per il vampiro l’oscurità è qualcosa di essenziale...è parte di lui. Ciò perché essa non è altro che uno specchio della sua anima: la notte può essere minacciosa, ma allo stesso tempo seducente; può essere fredda e spietata, ma allo stesso tempo protettiva e rasserenante, ma soprattutto trasmette perfettamente l’elemento fondamentale su cui si basa l’archetipo del vampiro: l’eterno senso di solitudine, che rappresenta la sua vera dannazione.

Paolo L'Incesso

NOTTE: PENSIERI DI HERNAN VELASQUEZ

Quello che mi stupisce è che le persone hanno paura del buio.

Voglio dire, e la luce?

Mah?

Chi ha paura della luce, che può accecare, che può bruciare, che può uccidere?

Sarebbe più logico, no?

No.

La gente ha paura del buio perché il buio nasconde.

Il buio, figlio della notte (qualcuno avrebbe detto amante), si cela dietro i suoi

veli di seta scura, si aggrappa alla sua sottana, piagnucola e i sui piagnistei diventano

per noi scricchiolii, fruscii, suoni che non trovano corrispondenza nella memoria e si depositano

nella fantasia.

E io vi dico ben venga la notte! il buio non mi spaventa, è un frignone!

Ben venga la notte, e con lei la luna.

Io amo la luna, il suo modo di curvarsi come una parola d'amante...piegati dolce luna...

cala su di me, monta sul mio destino. Voglio una notte fare l'amore con la luna, come non so, ma

la notte è una padrona gentile, per chi come me, è suo schiavo devoto.

Schiavo, sì, della mia notte...una notte che è un legame, una notte che è lama sottile, la notte

cremisi di quando sono nato, da quando ho visto il buio.

Notte cremisi, notte identica da allora, una sola lunga notte.

E parola mia, se c'è qualcuno che non ha paura del buio, io lo stimo.


E di solito, me lo mangio.


Rev. Hernan Velasquez

NOTTE STELLATA – DA TENTATIVI DI PSICOANALISI NELL’ARTE –



Il pennello di Vincent Van Gogh si muove veloce sulla tela e dà vita ad onde azzurre con tratti di bianco , non dipinge il mare , ma un cielo stellato in una notte serena .

È probabile che il pittore stia guardando la sua anima o più propriamente la sua realtà psichica .

Il vorticoso cielo stellato sovrasta un paesino tranquillo; questo paesino, parlando in termini freudiani, potrebbe rappresentare l’IO del pittore, sottoposto alla violenza di un cielo che possiamo interpretare come il suo ES.

L’ES secondo Freud è: “Un calderone di impulsi ribollenti” che obbedisce solo al PRINCIPIO DI PIACERE, ed in questo dipinto riusciamo a vedere come questi impulsi si agitino nella mente dell’autore schiacciando il suo IO così evidentemente fragile: nel momento in cui l’ES riesce ad imporsi sull’IO si originano forme di nevrosi conflittuali come quella da cui, si può ipotizzare, fu affetto lo stesso Vincent Van Gogh.

Federica Bello

Sotto l’occhio allusivo della luna

Le emozioni che non sono

catturate dal re

della foresta riescono

ad un chiaro

di radura e lì,

dopo aver attinto

l’acqua mutila

del fiume sotto l’occhio

allusivo della luna, compiangono

da una parte il giorno

irraggiungibile, e dall’altra

quel destino

-loro proprio- che incatena

le creature alla fortuna.

Luciano Utrini

Panismo Notturno

Ventaglio di stelle

ho caldo stanotte

lo sventolo al petto


profumo di monti


scorre il rivo

ssccscccscccsccc


qualche ciottolo

vestito d’umido argento

scivola via

chissà dove poi…..

(zampilli rampanti)


m’abbraccia

una brezza

fuiuifuiuifuiui

solletica le mie orecchie


sorrido

chiudo gli occhi

credo

casco in mano alla notte

è soffice la notte

mi accarezza con mani di vento

sono ancora bella

mi ha detto

la notte

tacendo


ascolta

la notte

mugolii dell’anima

soltanto


(ho gli occhi chiusi)


la luna canta

io la sento

il coro suo non dorme mai

tutta la notte solo per lei


(ho gli occhi chiusi)


il fiore si strizza

la notte

gli toglie il respiro


(ho gli occhi chiusi


la terra profuma

dall’acqua rapita

estrae la vita

la notte è suo padre


ho gli occhi chiusi


aspetto ancora


riempio il mio petto di notte


sono scomparsa con lei!

Federica,Luna Bello

A palazzo Oro Ror

Nel cuor della notte, ogni notte,
la veglia incomincia a palazzo Oro Ror.
In riva allo stagno s'innalza il palazzo,
soltanto lo stagno lo guarda perenne e lo specchia.

Già lenta l'orchestra incomincia la danza,
la notte è profonda.

Comincian le dame che giungon da lungi,
discendon silenti dai cocchi dorati.
Dei ricchi broccati ricopron le dame,
ricopron le vesti cosparse di gemme i ricchi broccati.

Finestra non s'apre a palazzo Oro Ror,
ma solo la porta, la sera, pel passo alle dame.
In fila infinita si seguono i cocchi dorati,
discendon le dame silenti ravvolte nei ricchi broccati.
Lo stagno ne specchia l'entrata,
e l'oro dei cocchi risplende nell'acqua estasiata.

L'orchestra soltanto si sente.
Si perde il vaghissimo suono
confuso fra muover di serici manti.
La veglia ora è piena.
Di fuori più nulla.
Silenzio.

Un cocchio lucente ancora lontano risplende,
s'appressa più ratto del vento
e rapida scende la dama tardante.
Se n'ode soltanto il leggero frusciare del serico manto.

Il cocchio ora lento nell'ombra si perde.

Aldo Palazzeschi

NOTTE

Fin dall’antichità l’uomo si è chiesto perché esistessero la Notte e il Giorno.

Il più primitivo metodo per spiegarsi il perché delle cose è il dare un significato divino alle ultraterreno all’inspiegabile.

La civiltà Greca, infatti, aveva dato alla Notte e al Giorno una provenienza divina.

L’essere più antico era il Caos generatore di tutte le cose e anche della Notte.

Ma Caos non generò anche il Giorno bensì fu la notte a farlo.

Perché mai la Notte fu la madre del giorno?Ci sarebbe sicuramente più facile porli sullo stesso piano invece non è stato così.

L’uomo ha volutamente mettere in rilievo la notte rispetto al giorno perché essa è avvolta da un mantello di mistero.

La Notte è sempre stato per l’uomo un argomento pieno di misticismo.

Spesso associata all’oscurità simboleggia, la parte più oscura ma allo stesso più affascinante. L’uomo ha paura della Buio perché l’uomo privato della vista è vulnerabile e questo suo essere indifeso l’ha portato ad associare tutto ciò che riguarda le tenebre al Malvagio.

La Luce è simbolo del bene universale del giusto ma il Giorno appare come un libro aperto ormai privo di tutti i segreti.

Ma questa interpretazione che ormai è diventato uno stereotipo universale lo possiamo riscontrare in tutti i credi e in tutte le religioni ed è curioso come l’uomo, nonostante vivesse in territori lontani, sia stato condotto dall’istinto ad agire in modo analogo. L’unico spiraglio di luce nel profondo buio della notte è la luna.

Ma la luce della luna non è una luce pura, non è una luce vera ma al contrario la luna brilla di una luce riflessa.

Anche essa è stata oggetto di mito a causa della sua misteriosa luce e a causa della mutevolezza periodica del suo aspetto che ha suscitato non poca curiosità.

Ancora oggi molte persone scettiche nei confronti dell’astrologia in generale credono, invece, che la Luna abbia una particolare influenza sui fatti terreni.

Svariati pittori e poeti hanno trasmesso attraverso le loro opere le proprie sensazioni riguardo a questo tema: alcuni vedono nella Notte la tranquillità più assoluta mentre per altri rievoca sentimenti particolari che spesso si cerca di mettere a tacere.

Alcuni studiosi hanno dimostrato che la notte ha una particolare influenza sul carattere dell’uomo e cambia a seconda della persona e ciò rende questo momento della giornata ancor più magico.

Abbraccio notturno

Notte…


al suono evocatore della sola
parola
la mente rivive scenari che detengono
il potere ancestrale
di un ululato.


Seduta,
avvolta dall’atmosfera purpurea
di questo atteso tramonto
mi raccolgo
in un profondo respiro....


compresa
nella mia languida contrizione
vengo raggiunta
dai primi familiari
plumbei toni
del manto notturno

che si appresta a scendere
sulla mia bramosa fame
di silenzi...

in pochi attimi la memoria ripercorre
con nostalgica frenesia
le sconfinate ore del nostro ultimo incontro,

cara Notte…

il sapore di poche vivide immagini
sconvolge e allontana
il ricordo della mera quotidianità diurna.

Ancora una volta
per tutta la durata della tua oscurità
io mi sentirò
libera,
incondizionatamente libera
di creare e disfare
i miei segreti…

cara Notte…

la più quieta culla per un dolore privato,
la più complice compagna
per un delirio troppo a lungo celato.

Notte gelida e tersa
che intorpidisci ogni sterile e vana attività
e dispieghi l’entusiastico potere della fantasia !

La pervasività di questa scura coltre
impenetrabile da estranei
mi rassicura
e concede alla mia mente di dissetarsi
del suo insolente desiderio di assoluto…

e quando sovviene la cogente luce dell’alba
non trova in me l’arrendevole imperativo
del risveglio,
ma lo strenuo impeto
della mia volontà
che sgorga ininterrotta da una fame di
intima follia
non ancora appagata.

Arrighi Giulia

Notte

Avvinghiato alle coperte morirei, stanotte non si fugge dalla veglia. L'aria di questa stanza è pesante, spessa come il dente d'un uomo e così t'azzana al braccio e al collo; la vedi mentre strappa la pelle dalla carne e la carne dall'osso e il tempo dalla vita. Non ti concede il dono di scoprirti a cuocere sotto il sole, nè ti permette di sentir possibile il sole di domani. Come se tutto morisse stasera, come se tutto fosse già spento. Giostra buia, i cavalli di legno e cera stanno stesi al suolo. Loro non dormono dritti sulle zampe come gli altri, son falsi, e rimangon stesi come i corpi non più vivi, uccisi dalla notte.
Il sale della cena non si stacca dalla lingua e s'incrosta nelle pieghe delle mani e dei piedi, quasi a farmi sabbia. Tutto sabbia, come il deserto, come i castelli dei bambini. E così davvero mi sento! L'acqua mi ammorbidisce, il vento mi disfa, il sole m'asciuga e mi spezza. Son contadino, son fatto di terra, la stessa che coltivo. Presto fioriranno pure le gemme che ho nelle mani, farò frutto come un ulivo, oppure fiori come il mandorlo. Poi tutto cadrà, la pioggia, i fiori, i frutti, il cielo, le foglie... Tutto sarà nutrimento per le mie radici marce e profonde. Doglie.

La mia donna porta il nome della madre del mondo, porta i figli nel ventre, farà frutto anche lei, porta il cuore mio in un lembo di veste, porta il nome mio in un brano del cuore, porta il calore anche nella notte... Da me non accetta più doni, squote le mura per fare il suo gioco, piange per gioco e per gioco muore ogni giorno. Sale la mattina così come sale il sole, accende gli occhi suoi chiari, altrimenti il cielo non si schiarisce. Caccia la notte, e la notte che scende la cambia di pelle. Pallida e rossa e pallida ancora, pare la luna e pare che danzi. Quando la mia donna dorme, son'io a sognare per lei, ho parole che son semi alla sera, e son fiori dentro al sonno. Sussurro a lei che dimentica, a lei che più non sa soffrire, a lei che dorme, che sogna.

Calogero Rotolo

notte...

paura di non vedere
di non riuscire a scoprire
ancora
il giorno
la luce....
lei che fra le mie braccia
mi coccola ancora
lei
che con un suo bacio
schiude le mie labbra
e gli occhi
i pensieri
libera i sogni
e fugge gli incubi
sono le 8
e' tardi
devo alzarmi...
il sole e' sorto
adesso
la notte e' passata
desiderio che mi tormenta
dormire ancora
chiudere gli occhi
per sognarla
ancora.

Alessandro Alderigi

IL PUNTO NERO

All’interno della parola volgare notte, è presente la radice not- che già fa pensare a tutto ciò che non è, al nothing, alla not-thing, qualcosa che viene definita dal suo contrario. I maestri dello spleen e gli esistenzialisti godranno nell’ immergersi nell’etimologia e nella definizione di notte tramite tutto quello che non è, ma non è opportuno veramente stare a definire qualcosa che non è, delineandola tramite confini di contrari. Uno spreco di tempo. Come anche parlare dell’effetto stupefacente di Notte, con quel fascino del “mentre gli altri dormono” io domino, io e la luna dominiamo, e da sovrani ci soliloquiamo a vicenda, onanisticamemente gloriosi a far scendere le stelle a merenda.

Un notevole spreco di tempo; per non parlare dei buchi lasciati nell’universo con le nostre tarlazioni.

E peggio ancora sono i ricami romantici sulla trama della notte: fredda come una lama d’argento fendispiriti, silenziosa come un’amante, affascinante e torbida come una tazzina di caffè ondulante, viva, nebbiosa, assassina e maliziosa oppure quelle toppe pulp condite di muffa violenta e cinica: madre delle mignotte, protettrice delle blatte, una lattina di chinotto ricolma di sperma azzurro fosforescente, laghi di manti candidi che come mantidi affondano aghi di follia sul mio sangue che cola via.

Uno spreco di immaginazione.

Ed ecco il mio spreco di sincerità: la notte non è che il tempo in cui l’uomo non è adatto a vivere. Veramente, punto e accapo. Non siamo adattati a vivere di notte. Basta solo pensare che siamo organismi che campano con la vista e di notte non vediamo un cazzo. Ciechi, completamente. Il nostro corpo, che ne sa sicuramente più della nostra misera coscienza o volontà, si organizza e in casi di cecità acuisce gli altri sensi. Tutti in coro: l’udito! Col cavolo! Invece è il tatto, il sostituto ideale, anzi forse migliore per alcuni versi: ci dona un ruolo più attivo rispetto alla visione passiva. Nella notte lavorano le mani e la bocca. E immagino subito giù qualcuno a tradurre questa idea in una cosa alternative naif: la notte è fatta per essere palpata o succhiata o sezionata o suzionata.Uno spreco di dettagli. Comunque… Non ditemi che ricordate meglio un pene, un culo, delle tette, una vagina, una bocca, i capelli, i retri e i lobi delle orecchie, le spalle, le cosce, le caviglie e i peli e la bocca e qualche minuscolo centimetro di pelle che scatena sfavillanti euforie che cambiano da partner a partner, attraverso la vista! Vi cieco un occhio! Di sicuro con il tatto esploriamo il mondo da molto più vicino, limitato a dove possiamo arrivare con le mani, quindi c’entra sicuramente con la paura e la paura con la società e la società con la ribellione. Ma, cari esseri notturni pipistrellofili e seguaci dell’oscurità, io vi ammiro, ma non fate come l’essere inetto diurno stretto tra norme sociali etiche e morali che dà troppa importanza ad un semplice intervallo di tempo. Ogni notte, in fondo, è una piccola prova di coraggio. E se avete paura, chiudete gli occhi.




Morte Zen